I 7 pilastri della pratica di meditazione Mindfulness

I 7 pilastri della pratica di meditazione Mindfulness. Articolo a cura di Marco Passavanti. Psicologo e istruttore Mindfulness

Cosa capita quando sto meditando? Sto praticando bene o sto sbagliando qualcosa? Perché mi capita di annoiarmi o di distrarmi? Cosa mi devo aspettare durante le mie sessioni di meditazione?

Durante la nostra pratica, sia che siamo principianti e sia che siamo esperti, ci capiterà di ritrovarci a porci queste e molte altre domande.

Qual è il modo giusto di praticare la meditazione e esiste davvero un modo giusto?

Per rispondere anche a questi e altri quesiti tornano utili quelli che Jon Kabat-Zinn, in “Vivere momento per momento”, definisce i “7 pilastri” utili a coltivare la consapevolezza. Questi ci vengono in aiuto non solo ogni volta che siamo in meditazione, ma anche per affrontare con un piglio diverso la nostra quotidianità, aprendoci all’esperienza con un atteggiamento di accettazione e un’attenzione non giudicante. Essi sono:

 

– Non giudizio

Per riuscire a praticare con un atteggiamento non giudicante è indispensabile accorgersi di come, costantemente, la nostra mente sia portata a giudicare la nostra esperienza. Il non-giudizio ci permette di osservare la realtà per ciò che è, anziché etichettarla (ad esempio, “mi piace o non mi piace”, “giusto o sbagliato”, “buono o cattivo”). Le proprie idee e convinzioni lasciano spazio allora per osservare le cose per come sono in maniera subitanea nella loro essenza, piuttosto che per come le immaginiamo o secondo gli schemi delle nostre preferenze. “Spegnere”, ogni tanto, la nostra tendenza a giudicare ci permette di vivere il momento presente con maggiore equilibrio e serenità;

 

– Pazienza

Nella pratica meditativa, così come nella vita, una delle maggiori difficoltà in cui spesso ci imbattiamo è quella di trovare il tempo. Nell’attesa siamo portati ad agitarci e pretendere di accelerare il corso degli eventi. La pazienza, invece, è una forma di saggezza che nasce dall’osservare e accettare il corso naturale della vita, con la consapevolezza che ogni cosa ha un proprio tempo di maturazione. Dovremo prenderci cura del seme della consapevolezza affinché esso possa germogliare, crescere, fiorire e, infine, poter dare alla luce i suoi frutti. Tutto parte da un piccolo seme…che bisogna avere il coraggio, l’amore, l’accortezza, la forza e la pazienza di curare e di portare a maturazione.

 

– Mente del principiante

Si intende la modalità che ci permette di restare recettivi e aperti a nuove esperienze, evitando di farci guidare da aspettative e preconcetti. La mente del principiante è quella tipica del bambino, capace di aprirsi al mondo e agli altri con curiosità. Nessun momento, infatti, è uguale all’altro, pertanto è da cogliere in tutta la propria unicità, come se ogni cosa e ogni istante venissero di continuo da noi osservati come fosse per la prima volta.

 

– Fiducia

Nel coltivare la consapevolezza avere fiducia significa riconoscere l’importanza della propria esperienza e delle proprie sensazioni. A volte risulta più semplice, anziché fidarsi della propria intuizione e saggezza, cercare una guida esterna; facendo ciò spesso rischiamo di non dare il giusto valore e non ascoltare le proprie sensazioni. Allo stesso tempo fiducia è anche non rinunciare alla sana condivisione con gli altri, è restare connessi all’opportunità di esplorare ogni cambiamento della vita, imparando ad ascoltare tanto noi stessi quanto riporre fiducia nel prossimo;

 

– Non cercare risultati

Molto spesso siamo abituati a svolgere un’attività in direzione di uno scopo. La pratica meditativa, invece, ci insegna il “non fare” e la possibilità di coltivare un nuovo modo di rapportarsi a sé stessi e alla realtà, in cui l’obiettivo non è più cercare un risultato, ma semplicemente essere. L’invito è quindi di non fare nulla, ma restare consapevoli su ciò che viviamo nella pratica momento per momento.

 

– Lasciare andare

L’attaccamento rispetto a ciò che ci succede o desideriamo spesso ha su di noi l’effetto opposto e aggrapparci a pensieri e emozioni diventa anche la via maestra della sofferenza a causa delle nostre fissazioni e fragilità. Osservando la mente, infatti, possiamo accorgerci di avere da una parte, emozioni e pensieri che vorremmo trattenere, dall’altra, altri che vorremmo evitare. Non illuderci di poter controllare ogni cosa, rimuginando e tormentandoci, ci permette di non restare intrappolati tra di essi, osservando e prendendo l’esperienza per quello che è.

 

– Accettazione

Cioè, saper prendere le cose per come esse sono nel momento presente. Al contrario, di solito, sprechiamo spesso molte energie nel cercare di negare, cambiare il corso degli eventi o aspetti di noi stessi, finendo per alimentare un circolo vizioso, fissandoci ad osservare soltanto la parte di bicchiere vuota. Un atteggiamento non giudicante ci permette di vivere la compresenza di elementi sia positivi e sia negativi, accettandoli come parte dell’esperienza.

 

Questi 7 pilastri rappresentano i 7 mattoncini su cui la pratica costante si fonda. Ognuno di essi è strettamente connesso agli altri, dunque sviluppare ognuno di essi permette di accrescere di conseguenza gli altri. In conclusione, imparare a coltivare ognuno di essi durante la nostra pratica ci consente di costruire il percorso verso la presenza mentale.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *